Era il lontano 4 agosto del 1861, vigilia della festa dedicata a sant’Emidio, primo vescovo e patrono della città. Come sempre vi era grande fermento fra le antiche rue, ma un evento destinato a segnare la storia di Ascoli Piceno rendeva l’atmosfera ancora più lieta. Grazie agli artisti ascolani Giorgio Paci e Giulio Gabrielli quel giorno venne istituita la Pinacoteca Civica, ospitata nell’imponente Palazzo dell’Arengo. Questo edificio insieme a Battistero, Cattedrale, Palazzo Vescovile, Palazzo Roverella e Palazzo Panichi, cingeva quella che un tempo, grazie all’autorevole ruolo politico e religioso rivestito, era considerata la platea maior. I due fondatori allestirono la nascente istituzione con oltre ottocento opere provenienti dai monasteri di San Domenico e Sant’Angelo Magno, dalla Confederazione dell’oratorio di San Filippo Neri, e dalla collezione Lenti conservata nell’ex casa dei Gesuiti. Attraverso un fitto carteggio conservato nell’Archivio Storico Comunale sappiamo che questi beni, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decretata nel 1861, divennero proprietà del Comune.

La collezione, già piuttosto prestigiosa, si arricchì poco dopo grazie alla consulenza del pittore e critico d’arte Giulio Cantalamessa, e poi nel 1908 con oltre 12.000 stampe e disegni donati da Giulio Gabrielli che, in parte, li aveva tratti dalla collezione del pittore Fortunato Duranti. Nel 1917 confluirono nella raccolta rilevanti opere ottocentesche concesse in deposito dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma, mentre nel 1920 il lascito testamentario di Antonio Ceci - costituito da dipinti, sculture, avori, maioliche, mobili e oggetti di oreficeria - impreziosì ulteriormente gli spazi espositivi. Nel corso degli anni, grazie a donazioni e numerosi acquisti da parte delle diverse amministrazioni comunali, la Pinacoteca divenne uno scrigno di rara bellezza.

L’intuito e la professionalità dei curatori delle civiche collezioni che si sono susseguiti nel corso degli anni, l’hanno resa simile a un aedo che canta con sapienza una tradizione secolare. Passeggiare fra i dipinti di Carlo Crivelli, Pietro Alamanno, Cola dell’Amatrice, Tiziano, Guido Reni, Guercino, Pier Leone Ghezzi, Giuseppe Cades, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Adolfo de Carolis è come ripercorrere un lungo tratto della storia dell’arte internazionale. Opere di tale pregio sono poi incastonate in sontuose sale. Consolles, poltrone e specchiere in legno dorato, tendaggi veneziani in velluto rosso controtagliato, settecenteschi lampadari di Murano, stipi, orologi e mobili decorati a intarsio evocano l’opulenza dei palazzi aristocratici. La Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno è una sinfonia che vi invita a danzare fra le fitte trame di un passato magnificente.