Trisungo è una frazione di Arquata del Tronto che a causa della sequenza sismica del 2016/2017 presenta un volto gravemente sfigurato. Attraversando il borgo silenzioso e disabitato, tuttavia, il suo carattere fiero traspare con vigore. Ancora oggi, per esempio, è possibile ravvisare delle peculiari balconate in legno di castagno che la collettività locale chiamava bufìrie. Si tratta di elementi architettonici tanto tipici quanto rari e fragili che probabilmente caratterizzavano le abitazioni ben prima del XV secolo, quando anche in queste zone giunsero i maestri lombardi. Degno di interesse è pure il miliario in travertino rinvenuto nel 1831 nel letto del fiume Tronto. A 99 miglia di distanza dalla città eterna, il cippo del 16-15 a.C. è attualmente collocato in pieno centro storico, all’angolo di un’abitazione del XVIII secolo. Nell’iscrizione che recita: “IMP. CAESAR. DIVI. F./AUGUSTUS. COS. XI./TRIBV. POTEST. VIII./EX. S.C./XCVIIII” viene celebrato il senatoconsulto con cui fu deliberata, per ferma volontà dell’imperatore Augusto, la ristrutturazione del tratto stradale. Una leggenda d’impronta religiosa che rischia irrimediabilmente di scomparire a causa dell’invecchiamento e dello spopolamento di questo grazioso borgo marchigiano, ha per protagonista un masso. Tanti anni fa, dopo settimane di pioggia incessante, una donna udì all’improvviso un boato proveniente dalle Manzarecce. Affacciandosi dalla propria finestra, si ritrovò davanti a una scena terrificante. Un grosso macigno stava rotolando in direzione della chiesa, mettendo in pericolo l’intero paese. Non fece in tempo ad emettere un grido disperato che comparvero due figure ai lati del temibile blocco di pietra. Una aveva le sembianze della Madonna delle Grazie, mentre l’altra ricordava san Francesco d’Assisi. Insieme sostenevano il peso della roccia e ne rallentavano la discesa furiosa. In una manciata di secondi il masso si arrestò, senza causare nemmeno un danno al rione Pera che si estendeva a pochi metri di distanza. La figura della Vergine a Trisungo ha sempre rivestito un ruolo cardine. Tantoché nella chiesa dedicata a Santa Maria delle Grazie vi era un’immagine cui l’intera popolazione si rivolgeva per chiedere consiglio. Il volto roseo e colorito era sinonimo del suo benestare, mentre le guance esangui venivano considerate segno di sventura o addirittura riprovazione.