Ai piedi del settecentesco ponte di Mozzano, lungo l’argine sinistro del fiume Tronto, è ancora possibile ammirare l’antica scaturigine di acqua salmastra. Trapela da una fenditura rocciosa, difatti, la sorgente salsoiodica che incrosta la parete di una tipica patina ramata. Nel corso dei secoli è stata sfruttata per la produzione della candida “salucha”, ossia del sale bianco, divenendo una fonte di reddito non indifferente. In principio erano proprio i residenti i maggiori fruitori. Attingevano le “acque salse”, le portavano ad ebollizione e ne traevano il sale che veniva adoperato sia per uso famigliare che come merce di scambio per il proprio sostentamento. A partire dall’XI secolo, tuttavia, la sorgente divenne di proprietà della Camera Apostolica. Intorno alla metà del Quattrocento il Consiglio degli Anziani di Ascoli, attirato dalle potenzialità economiche, chiese ed ottenne la gestione amministrativa della fonte. L’ultima autorizzazione fu concessa nel 1484 sotto il pontificato di Innocenzo III per i successivi 14 anni. Per un lungo periodo la gestione fu municipale, ma con l’Unità d’Italia divenne monopolio di Stato e l’Officina del sale, ancora oggi visibile, fu trasformata in caserma delle guardie di Finanza. Seguì un periodo di grandi tensioni poiché gli abitanti di Mozzano, vessati prima dal brigantaggio e poi dal divieto di approvvigionamento dell’acqua salina, sollevarono diversi tafferugli e non di rado si diedero al contrabbando. Nel 1912 la sorgente fu murata poiché i contrasti si erano inaspriti e il controllo era divenuto parecchio dispendioso. Con le due guerre mondiali, tuttavia, la vena fu riattivata poiché il sale, così come molti beni primari, scarseggiava. L’acqua, debitamente razionata, veniva consegnata al capofamiglia che doveva portare con sé la tessera annonaria. Questi due elementi – la sorgente e l’Officina del sale – appaiono oggi come i principali testimoni di un’attività che nel territorio ha perso il suo ruolo cardine fino a scomparire del tutto.

A nord-est di Mozzano, su una collina tufacea, si ergono i resti di un’antica costruzione fortificata di probabile origine altomedievale. Nelle vicinanze è ancora possibile osservare delle antiche vasche scavate nella roccia, chiamate “canalette”. Probabilmente risalgono al periodo romano, quando l’intero territorio circostante era coltivato e questi bacini venivano adoperati per la pigiatura e la torchiatura dell’uva. Non molto dissimili da quelle rinvenute a Pompei, le due vasche sono poste a diversa altezza e comunicano grazie a un foro nel quale scorreva il mosto. Anche in questo caso ci troviamo davanti alla testimonianza materiale di un’attività che l’uomo per millenni ha compiuto secondo rituali che venivano tramandati vivacemente da una generazione all’altra. Il momento della vellegna era estremamente faticoso, eppure tutti lo attendevano con trepidazione perché, come ha sottolineato lo studioso Secondo Balena, “dava luogo a festeggiamenti di propiziazione o ringraziamento e l’uomo offriva così al suo lavoro nei campi il senso della celebrazione. (…) Ciò era motivo d’incontro, aggregazione e quindi di festa. Si mangiava e si beveva insieme ed i giovani cantavano e ballavano. Così nascevano e si tramandavano usi e costumi, così riaffioravano venendo da molto lontano le tracce degli antichi riti che avevano accompagnato la fatica dell’uomo. Così fiorivano favole e leggende”. In queste occasioni il brindisi era accompagnato da uno stornello che molto spesso veniva tramandato oralmente: “(...) Quanne ch’era de giugne che fioriva/ davi ‘n odore./ Fra poche tempe i’ te revennè a vede,/ un raspe d’uva che non si poteva:/ quanne che de settembre ti coglieva, /poi te portava nelle mie canale./ Con tutte e due li piede io te pistava./ Lu russce vine te ne fece uscire;/ e poi lu messe ne la mia caldara,/ lu foche intorne te faceva ardire./ Poi te remesse ne la mia cantina,/ lu benedisca chi te ci ha cacciate,/ lu benedisca chi te ha allevate/ benedisca Noè che t’ha piantata:/ lu benedisca chi ti ha zappate,/ poi maledisca chi ce mette l’acqua!”.