L’efficienza della via Salaria rimase immutata nel corso dei secoli ed essendo sempre tanto trafficata, era pure trapuntata da osterie, taverne e luoghi di ristoro che ricordavano gli “ospitali” di un tempo. Alcuni meritano di essere menzionati non solo per il carattere autentico che ancora oggi emanano, sebbene siano poco più che ruderi, ma anche per l’apparato di storie e leggende cui sono legati. La zona compresa fra Mozzano e Acquasanta Terme, era di fatto la scenografia privilegiata dei briganti che portavano avanti una guerriglia, sempre più serrata, contro gli invasori piemontesi. È questo il caso dell’osteria della Ciuca, così denominata perché per oltrepassare il passo su cui sorgeva, le carrozze dovevano essere trainate da un’asina. La storica locale Erminia Tosti Luna racconta che l’edificio posto nei pressi di Mozzano, in origine era di proprietà della famiglia Ferrucci di Ascoli Piceno poi, intorno alla fine del XVIII secolo, i massari del Comune di Mozzano riuscirono ad acquistarlo a buon prezzo. Vi aprirono un’osteria e questo ovviamente provocò l’indignazione del marchese Antonio Piccinini che, essendo proprietario di una vicina taverna, paventava la concorrenza. In seguito, quasi certamente, la Camera Apostolica la vendette insieme ad altri beni. Fra il dicembre del 1860 e il gennaio dell’anno successivo fu spesso scenario delle terribili scorribande dei briganti. La Tosti Luna a tal proposito scrive: “Proprio attorno a quest’osteria il demone della rivoluzione aveva posto la sua sede, certo di non essere visto tra nascondigli sicuri e impenetrabili”. Si dice che, dotata di un’ampia rimessa per cavalli, vendesse del buon vino e attraverso una fontana con abbeveratoio mettesse a disposizione “una delle acque più limpide e pure” della zona.