Nel 1835 il primo piano fu interessato da importanti lavori di riadattamento, dovuti alla trasformazione del forte in penitenziario. Le prime due stanze sulla sinistra sono di dimensioni maggiori, ed erano rispettivamente destinate ai sottufficiali e agli ufficiali, mentre le altre che vedi, erano le celle dei detenuti.

Entriamo nel locale degli ufficiali e affacciamoci alla finestra. Vedi quel ponte? Sì, esatto! È quello che ti ho menzionato prima. Si tratta con ogni probabilità del primo ponte in muratura della città. Permetteva alla Salaria, nota via consolare, di proseguire fino alla costa adriatica. Il nome ne tradisce lo scopo! Era impiegata infatti per il trasporto del sale, e collegava Roma alla città di Castrum Treuntinum, l'attuale Martinsicuro.

Come anticipato, questa costruzione è nota come Ponte di Cecco o Ponte del diavolo. Lì non c’è traccia del mio intervento, ma te ne parlerò comunque. Sulla sua origine aleggia una misteriosa leggenda che vede come protagonista Francesco Stabili, meglio conosciuto come Cecco d’Ascoli. Fu poeta, astronomo, astrologo e negromante, condannato al rogo nel 1327 come eretico. Mi hanno riferito che mentre le fiamme lo stavano inghiottendo, con estrema lucidità non rinnegò le proprie idee, ma anzi gridò: “L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo!”. Che temperamento, eh? Comunque, tornando al ponte, secondo la tradizione riuscì a completarlo in una sola notte grazie all'aiuto del demonio. Io non ho conosciuto Cecco, era coetaneo di Dante Alighieri. È vissuto molto prima che io nascessi, però ritengo che questa fosse una menzogna ben architettata con lo scopo di infangare ulteriormente la sua reputazione. Pare infatti che la struttura di epoca romana, sia stata restaurata nel 1349 da un tale Mastro Cecco Aprutino, e da qui sarebbe nato l'equivoco. Durante la Seconda Guerra Mondiale le truppe tedesche tentarono di distruggerlo facendolo saltare in aria, ma riuscirono nel loro intento solo parzialmente. L’aspetto che vediamo oggi è una fedele ricostruzione avvenuta tra il 1960 e il 1970 con gli stessi blocchi di pietra rinvenuti nel sottostante fiume Castellano. 

Ricordi Galeotto Malatesta? Come sottolineò un abate ascolano, talvolta questa via di collegamento veniva denominata anche Ponte delle sortite poiché il tiranno, quando fu costretto a filarsela di gran lena dalla città, usò proprio tale via di fuga.

Usciamo e avanziamo verso sinistra. Superiamo il secondo locale, quello degli ufficiali, e proseguiamo diritto. Le stanze strette che vedi, mio caro visitatore, erano le celle. Tutte avevano una doppia chiusura, e alle finestre presentavano le tipiche “bocche di lupo” che impedivano ai carcerati di avere una visuale completa dell'esterno. Questo carcere aveva la fama di essere uno dei più duri e invivibili d’Italia. L’edificio non aveva vetri alle finestre, non disponeva di riscaldamenti o letti, e la vicinanza del fiume di certo rendeva gli ambienti piuttosto umidi. Tali condizioni non migliorarono prima della riforma degli Anni '70, che assicurò ai detenuti il diritto ad abitare uno spazio salubre.

Ahimè, ai vostri giorni tutto ciò può sconvolgere, ma ai miei tempi certe situazioni erano del tutto normali, o quasi.

Ma torniamo a noi... il Forte poteva contenere un totale di 60 detenuti, per lo più in attesa di giudizio, quindi il tempo di permanenza poteva andare da pochi mesi a 4-5 anni. 

La piccola stanza che stai osservando era la cella d’isolamento. Entra pure per immedesimarti nei detenuti qui rinchiusi, ne hai il coraggio?

Torniamo indietro. Bada bene, sulla sinistra ci sono degli scalini in legno e si intravede una colonna.

Entra e prosegui fino ad arrivare al ballatoio. Questa era la CANTORIA, il punto da cui le suore innalzavano i canti sacri, per l’appunto. Quella che vedi di fronte a te è la chiesa di Santa Maria del Lago con volta a toro. Prima del mio arrivo era un unico spazio aperto. Io l'ho diviso in tre piani per motivi di staticità. Questo di cui vediamo un'anteprima è il livello centrale e vi accederemo in seguito.

La chiesa risulta molto particolare, è dodecagonale, e richiamerebbe la forma delle vasche termali romane, su cui probabilmente vennero poggiate le fondamenta dell’edificio sacro. Oggi non si hanno testimonianze certe della presenza delle terme romane. Abbiamo solo degli indizi che ci lasciano pensare che fossero presenti, come ad esempio il nome della via che conduce al forte o la denominazione della chiesa stessa che fa riferimento al lago, in latino lacus: vasca, cisterna. Vi è inoltre un documento del 1776 che allude a un camerone con bacini e una piccola fonte. Queste terme dovevano essere alimentate da un condotto sotterraneo di acqua salmacina proveniente da Castel Trosino.

Immagina, mio caro visitatore, che viavai di romani c'era qui! Alcuni impegnati nel trasporto del sale, altri che transitavano sulla via consolare per diverse questioni di natura commerciale, e altri ancora che venivano alle terme per godere dei benefici di quest'acqua dalle strepitose proprietà... eh, tutta un'altra epoca!

Ora facciamo un passo avanti rispetto all'epoca romana e torniamo al 1501, quando venne costruita la chiesa di Santa Maria del Lago. Ad un certo punto si rese necessario ricavare un vano per il coro che non andasse a ridurre il poco spazio a disposizione, e fu per questo motivo che la cantoria venne posizionata qui. Per quanto riguarda i miei interventi: io ho modificato la chiesa in mastio e ho realizzato la volta a toro che, come potete notare, è composta, suddivisa in porzioni identiche, e unisce l’imponente pilastro centrale con i muri circostanti. Non ti ricorda la forma di un ombrello? È l'unica parte dell’opera difensiva in laterizio. Devo ammettere con un pizzico di superbia che ancora oggi sono davvero fiero del risultato.